Le origini del Supertuscan

Il termine Supertuscan fu coniato negli anni ottanta, pare, da un giornalista inglese e Master of Wine, tale Nicholas Belfrage che in pratica colmò un vuoto legislativo descrivendo “commercialmente” e non legalmente una tipologia di vini che si collocava al di fuori dei disciplinari di produzione delle varie DOC e DOCG tipiche della Toscana (Chianti, Chianti Classico, etc.), ma che aveva adottato standard qualitativi di produzione molto elevati; di fatto il nostro Nicholas Belfrage fotografò una situazione già in essere dalla fine degli anni sessanta quando nacque il Vigorello nella Azienda Agricola San Felice nel cuore del Chianti Classico; correva esattamente il 1968, anno evidentemente dedicato alle rivoluzioni, perché di questo si trattò in relazione al discostamento di questo vino dalla ricetta classica del Chianti che prevedeva Sangiovese, Canaiolo, Colorino, Malvasia, Trebbiano etc., usando l’eretica miscela di Sangiovese e Cabernet Sauvignon senza tradirne comunque la “toscanità” salvaguardata dalla decisa presenza, appunto, del 70% di Sangiovese, da lì a poco sarebbero arrivati alla ribalta il Sassicaia ed il Tignanello, nomi ben più noti al consumatore di oggi.

Ma chi ha avuto prima di ogni altro la “visione” del futuro della enologia toscana e, dico io, il coraggio di metterla in pratica in quel di Bolgheri,nel lontano 1944, è stato il Marchese Incisa della Rocchetta aiutato (ma forse qualcosa di più) dal “padre” di quelli che saranno i futuri Supertuscan, l’enologo Giacomo Tachis, recentemente scomparso, a cui dobbiamo il riconoscimento di aver proiettato l’enologia di questa fantastica ed unica terra toscana verso l’internazionalizzazione ed il riconoscimento di questi luoghi come “terra madre” per la produzione di vini di altissimo rango, é grazie a lui se oggi Sassicaia è sinonimo di grande, grandissima qualità. Senza dubbio, per Incisa della Rocchetta, l’essere cugino della famiglia Antinori (produttori secolari di vino) ha favorito di molto la conoscenza, la convinzione e la “visione” del progetto, ma dobbiamo inchinarci di fronte alla sua scelta di “importare” l’uva “franzosa” (Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot, Petit Verdot) e progettari nuovi scenari per nuovi vini.

Le ragioni del Supertuscan

Molti utenti, ancora oggi non capiscono la differenza fra un Supertuscan e, per esempio un Chianti o un Chianti Classico…presto detto: gli ultimi due sono delle DOCG (Denominazione d’Origine Controllata e Garantita)dove le regole di produzione (tipo di uve, percentuali, rese uva per ettaro, etc.) sono stabilite e garantite, per legge, da un disciplinare di produzione e controllate da un Consorzio di Tutela, i Supertuscan sono delle IGT o IGP (Indicazione Geografica Tutelata o Indicazione Geografica Protetta che sono due sigle diverse per significare la stessa cosa) dove le stesse regole sono dettate essenzialmente da due fattori: la “filosofia” del produttore ed il mercato, il consumatore ha “soltanto” la garanzia che quel determinato vino è stato prodotto con le uve nate in quella determinata regione, da lì in poi è il produttore che fa la differenza e, successivamente, il consumatore la scelta e la selezione. Per questo A Solatìo ha scelto la seconda via, senz’altro più impegnativa ma certamente più atta a valorizzare al meglio il proprio lavoro ed il proprio impegno nonché la tipicità del fantastico territorio che la ospita: la Toscana.

I vini Supertuscan oggi

Molti utenti, ancora oggi non capiscono la differenza fra un Supertuscan e, per esempio un Chianti o un Chianti Classico…presto detto: gli ultimi due sono delle DOCG (Denominazione d’Origine Controllata e Garantita)dove le regole di produzione (tipo di uve, percentuali, rese uva per ettaro, etc.) sono stabilite e garantite, per legge, da un disciplinare di produzione e controllate da un Consorzio di Tutela, i Supertuscan sono delle IGT o IGP (Indicazione Geografica Tutelata o Indicazione Geografica Protetta che sono due sigle diverse per significare la stessa cosa) dove le stesse regole sono dettate essenzialmente da due fattori: la “filosofia” del produttore ed il mercato, il consumatore ha “soltanto” la garanzia che quel determinato vino è stato prodotto con le uve nate in quella determinata regione, da lì in poi è il produttore che fa la differenza e, successivamente, il consumatore la scelta e la selezione. Per questo A Solatìo ha scelto la seconda via, senz’altro più impegnativa ma certamente più atta a valorizzare al meglio il proprio lavoro ed il proprio impegno nonché la tipicità del fantastico territorio che la ospita: la Toscana.

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